Dire che Andrea Canevaro ha rappresentato per le persone, e soprattutto per i bambini, disabili quello che Franco Basaglia ha rappresentato per la psichiatria è un’affermazione che non descrive appieno la grandezza di quest’uomo scomparso il 25 maggio all’età di 82 anni.
Padre della pedagogia speciale, della scuola di tutti, docente e ricercatore infaticabile, studioso eclettico e pensatore arguto, prorettore dell’Università di Bologna, consulente ministeriale capace del 2008 di dimettersi con grande fragore in disaccordo con alcune scelte del ministero Gelmini, cooperatore internazionale in progetti in Africa, Asia e in Bosnia che lasciano un segno profondo nel suo pensiero, autore prolifico di innumerevoli pubblicazioni che coniugano in maniera mirabile teoria e prassi, formatore di uno stuolo di educatori.
Neanche queste definizioni danno un’idea della statura di Andrea Canevaro che va ricercata nel suo stile di lavoro a tutti i livelli; come ricercatore curioso, trasversale, capace di creare connessioni tra gli elementi più impensabili; come docente che non calava dall’alto il suo sapere, ma poneva ininterrottamente questioni, stimolando a sperimentare, ricercare, leggere, fare; come uomo pubblico capace di affermare inconfutabili valori di uguaglianza ed inclusione con l’autorevolezza di un’intransigente pacatezza; come creatore di relazioni, capace di arguire come persone operanti in diversi luoghi della penisola e negli ambiti più disparati potessero avere cose da dirsi e da fare insieme, dando vita a nuovi sodalizi, esperienze, idee e pratiche.
Operosità è il vocabolo che contraddistingue il suo pensiero negli ultimi anni, come dote indispensabile dell’educatore. Il “PEI (Piano Educativo Individualizzato) operoso” per evitare la sclerotizzazione e burocratizzazione di questo strumento è uno dei temi oggi al centro dell’attenzione di insegnanti di sostegno, famiglie ed educatori, mentre negli ultimi mesi di vita Andrea cercava una diversa e meno negativa definizione di “non autosufficiente”, condizione in cui si trovava, identificandosi in un “Residuo di Operosità Resiliente”.
Un’operosità contagiosa che fa si che il suo lascito vada ben oltre i suoi studi e le sue pubblicazioni. Difficile dire quanti operatori di Labirinto siano oggi coinvolti in operazioni, progetti, scambi, avviati da Andrea Canevaro, capace di allacciare relazioni umane, di amicizia, di studio e collaborazione con tutte le persone, anche con quelle apparentemente estranee ai contesti “educativi”, nel cui operato individuava un valore particolarmente significativo sul piano educativo, un’esperienza su cui riflettere, una prassi da rielaborare, confrontare con altre, divulgare.
Da venti anni Andrea Canevaro era socio onorario di Labirinto. Con la sua scomparsa non viene quindi meno solo un maestro, un punto di riferimento teorico, ma soprattutto un compagno di vita per molti soci, un compagno di strada per tutta la cooperativa.
Perpetrarne lo stile di lavoro, la curiosità verso i nuovi bisogni, la passione per i diritti delle persone più fragili, l’operosità, sarà qualcosa di naturale per le tante persone che Andrea Canevaro ha avuto la capacità di coinvolgere nel suo percorso su questa terra.
“Quando la Cooperativa Labirinto, 43 anni fa, prese in gestione uno dei primi servizi, il Centro Diurno Villa Vittoria, fu l’èquipe di Bologna di Andrea Canevaro a varcare con noi la soglia di quel primo grande Progetto.
Qualche tempo fa, l’ultima volta che Andrea Canevaro fece formazione ad un centinaio di operatori del Servizio di Integrazione Scolastica di Labirinto, ci disse che voleva iniziare con una canzone: “Canzone dell’Appartenenza” di Giorgio Gaber. Con questa stessa canzone lo salutiamo, per la nostra, sostanziale, reciproca, “appartenenza”. Queste le parole di Gabriela Guerra, responsabile del settore Disabilità e disagio in età evolutiva – pari opportunità.
